Vino e Innovazione Tecnologica






La tecnologia non tiene lontano l'uomo dai grandi problemi della natura, ma lo costringe a studiarli più approfonditamente. (A. de Saint-Exupéry) 



Ormai lo sappiamo: il mondo viaggia alla velocità di un click e l’innovazione tecnologica sta rivoluzionando il futuro di tutte le imprese compresa quella del vino. 

Anche se click e natura non vanno di pari passo, l’avanzamento delle nuove tecnologie apre nuove frontiere sia per i vignaioli che per i consumatori, cambiando il modo in cui il vino viene prodotto, analizzato e apprezzato. L’innovazione tecnologica viene utilizzata nelle varie fasi della produzione vinicola dalla coltivazione delle viti alla produzione e alla commercializzazione. 


In vigna 
Sensori e droni (vedi foto delle vigne della Cantina Strappelli  nelle Colline Teramane) monitorano lo stato di salute delle piante e ipotizzano previsioni, ottimizzando la gestione delle vigne. 

In cantina
In cantina si analizzano e si controllano i dati dalla temperatura, all'ossigeno e altri fattori critici, dalla fermentazione all’imbottigliamento per ottenere maggiore precisione e qualità nel prodotto finale. 

In distribuzione 
L'innovazione tecnologica viene usata per migliorare l’esperienza dei consumatori. Piattaforme online, app e strumenti digitali forniscono informazioni dettagliate sui vini consentendo ai fruitori di prendere decisioni più informate sull'acquisto di vini. 



Vigne Cantina Strappelli

Lo stimolo e il fascino delle nuove tecnologie riguardano soprattutto il mondo della comunicazione e, come tutti sanno, lo strumento più usato a sostegno dell’informazione dei prodotti in commercio è il noto QR code. 

Il QR code (nato in Giappone 25 anni fa per superare i limiti della lettura del codice a barre) ci consente di leggere, come per l'etichetta, tutte le indicazioni di un prodotto (fornendo anche la tracciabilità di un alimento). È un simbolo che restituisce, ogni qualvolta viene inquadrato da una fotocamera, dati e informazioni per il consumatore. 

Tra le più svariate varianti e variabili del QR code, tempo fa, mi sono imbattuta in una tecnologica  etichetta digitale vocale multilingua
Consiste in una semplice interazione tra il consumatore e la bottiglia di vino. Scansionando il QR code sull'etichetta del vino e si accede a un'interfaccia che offre una varietà di contenuti multimediali. Attraverso le etichette digitali vocali i consumatori possono ascoltare (invece che leggere) nella lingua desiderata, descrizioni dettagliate del vino fornite dal produttore, dall'enologo o da esperti di settore. Le descrizioni vocali possono coprire una serie di argomenti, come l'origine del vino, le caratteristiche organolettiche, le note di degustazione, le tecniche di vinificazione e gli abbinamenti consigliati. Questa modalità di comunicazione audio fornisce un'esperienza più coinvolgente rispetto alla semplice lettura delle informazioni sull'etichetta (inoltre la tecnologia avanzata del QR code permette di avere contenuti multimediali aggiuntivi)
L'ascolto dell'etichetta può essere un'opzione interessante per comunicare con i consumatori, specialmente per le aziende che esportano i propri vini. Questo approccio offre un modo immediato di informare senza la necessità di traduttori digitali online, semplificando la comprensione delle informazioni per un pubblico internazionale.  (www.codetells.it)

Una ricerca sulla frontiera del marketing sensoriale (o neuro marketing che fa leva su emozioni e sentimenti) cita che il 95% delle decisioni di consumo viene influenzato da processi che coinvolgono l’inconscio e sono di tipo irrazionale. I diversi stimoli vengono scannerizzati dal nostro cervello che riesce a fare associazioni con musiche o immagini collegandoli a determinate sensazioni o emozioni felici della nostra vita. Principalmente ci si avvale, nei media, del suono e della vista ma non si sa mai che le nuove frontiere ci riservano trasmissioni di gusto e olfatto non solo immaginario. 
Siamo pronti a tutto


Tuttavia mi piace pensare che la tecnologia è solo un supporto per preservare e conservare la tradizione e l'arte della produzione vitivinicola e che questo legame tra la passione umana e l'innovazione tecnologica sia solo un potenziamento del futuro del mondo del vino. 


Foto: Cantina Strappelli 



Credits foto copertina: 
https://joeducation.eu/it/



Vino e Pregiudizio





di Daniel Barbagallo 

Sono rare le occasioni in cui la ragione mi trattiene e quasi sempre seguo l’istinto. Spesso questa mia attitudine mi ha fatto incorrere in pregiudizi e grandi errori ma, col senno di poi, mi sono reso conto che se ci avessi ragionato meglio la conclusione (che non sarebbe poi cambiata) sarebbe arrivata prima del tempo.

Il risultato è che i pensieri e le emozioni (che non sono così differenti) hanno solo due velocità diverse. Una arriva prima e l’altra poco dopo. 

Gli sbagli sono macigni da portarsi quindi tanto vale prenderne coscienza subito e non pensarci più.

Mi spiego meglio con un esempio:

Clos De Lambrais è un Gran cru di Morey-Saint-Denis, un monopole, ovvero di esclusiva proprietà di un domaine. È un vino che in più di una annata mi ha regalato grandi esperienze che si sono trasformate in bellissimi ricordi ma questa volta è successo qualcosa che mi ha fatto perdere di vista l’unica cosa vera e importante: il qua e ora e cioè il vino nel calice nel momento in cui lo bevo

Una settimana fa un amico ha portato questa interessante bottiglia: un piccolo bagnami di quello che cerco in un vino: grazia, leggiadria, grande presenza e personalità.

Piccoli frutti di bosco maturi, una bellissima parte fumosa e balsamica unite a una vibrante mineralità. Doveva bastarmi per soddisfare le mie pulsioni ma poi i ragionamenti sono arrivati, come fanno sempre, a disordinare il mio cervello e le mie logiche. Però è un 2010 ed è troppo pronto. Però è un 2010 ed è poco grintoso. Però è un 2010 e non mi dà l’idea di avere ancora lunga vita.

Mentre il suo ventaglio aromatico mi rapiva, le domande aumentavano e la cosa mi faceva pensare e arrabbiare nello stesso tempo. Il sorso, a tratti poetico, stava in perfetta fusione con tutto il resto e il vino non aveva la necessità di dimostrare nulla a nessuno proprio come tutte quelle cose che non hanno bisogno di essere forti per esser forti.

Le aspettative sono il male assoluto perché spostano il punto di partenza e di vista da reale a personale. Questo vale per persone, amori e vino. Ho dovuto riflettere una settimana su qualcosa per cui da riflettere non c’era nulla. Ho solo perso tempo in paragoni e ragionamenti machiavellici perché il vino era eccezionale. Punto.

Il resto è aria fritta. Quando qualcuno o qualcosa è sicuro di ciò che è se ne frega di come lo percepisci tu. La sua più grande qualità era proprio questa coscienza di sé e avrebbe dovuto bastarmi per farmi saltare sulla sedia.

La scorsa settimana ho sbagliato, non succederà più.




Daniel 


Wine Writers: Daniel Barbagallo, il mio segreto? Stupirmi davanti ad un calice di vino come fosse sempre il primo



Chi sono i più famosi wine writers italiani? Le penne più intriganti, appassionate, raffinate, rivoluzionarie o irriverenti si raccontano in una serie di interviste che svelano curiosità e aneddoti di vita quotidiana. 


Daniel Barbagallo nasce a Ginevra nel 1972 da madre emiliana e padre siciliano. Dal 1990 ha un lavoro stabile nell’industria manifatturiera tessile Made in Italy. A 25 anni si avvicina al mondo del vino per un amore sconfinato per la materia. Dopo qualche anno da autodidatta frequenta i corsi Ais ma l’approccio al vino non lo soddisfa. La sua chiave di lettura e l’interpretazione delle produzioni e degli assaggi si discosta dai più classici punti di vista delle associazioni che si occupano di vino. Per questo motivo continua il suo percorso di formazione viaggiando e girando per cantine studiando la vita dei vignaioli e le loro produzioni. Tra i suoi numerosi viaggi quello in Borgogna, che frequenta da oltre 20 anni con costanza e assiduità, diventando fondamentale e illuminante per la sua formazione. La sua passione per la scrittura è il paspartout per redazione di Intravino, il blog di Antonio Tomacelli. Qui, in accordo con l’editore, inizia una serie di pubblicazioni delle sue esperienze e dei singolari assaggi tanto da annoverarlo tra i più eclettici, versatili e poliedrici wine writers della redazione. Offre regolarmente la sua penna al blog Ritratti di gusto dove scrive singolari aneddoti sul vino e storie di vita. 



“Potresti vivere in un paesino sconosciuto, ma se hai grandi idee, il mondo verrà a trovarti!” (M. Murat Ildan) 
Da Ginevra ad un piccolo centro dell’Emilia Romagna. Diventare adulti, costruire una vita e realizzare sogni è stato più difficile che vivere in città? Fai parte della filiera del Made in Italy. Questo ti rende orgoglioso e responsabile? 
Il luogo in cui sono cresciuto non ha influito alla mia formazione, d'altronde avevo solo tre anni quando i miei genitori sono tornati in Italia, mi sento emiliano, modenese e spilambertese fino al midollo. Amo l'Emilia perchè è una terra divisa tra duro lavoro e gioia di vivere.
L'attività dell’azienda di famiglia mi ha dato quel rigore e quella costanza che non ho nei miei geni. Il mio è un settore in cui vai avanti solo se rispetti tassativamente gli impegni perché i tempi sono sempre ristretti e ed io, lavorando all’ultimo anello della catena produttiva, mi sobbarco spesso i ritardi di tutti. Quando, ad esempio, ci sono sfilate di moda e appuntamenti importanti c'è tensione constante per la tempistica. Non si può sbagliare nè rinviare mansioni perché si pregiudica tutto il lavoro anche dell'anno a venire. Purtroppo il Made in Italy non è sufficientemente tutelato (compreso le contraffazioni) e siamo in concorrenza con i paesi come Cina, India, Vietman etc. che hanno manodopera a basso costo e qualità dei prodotti decisamente inferiori.



Per avere successo, lavora sodo, non mollare mai e soprattutto coltiva una magnifica ossessione. (Walt Disney) 
Essere soddisfatti della propria vita è motivo di sicuro successo personale. La tua magnifica ossessione per il vino ha contribuito a raggiungere i tuoi obiettivi? Come ci sei capitato in questo mondo singolare? 
Più che farmi raggiungere obbiettivi ha contribuito a farmi diventare ciò che sono. Questa magnifica ossessione (che io definisco più un amore) mi ha stravolto la vita diventando una vera e propria lente con cui guardo ogni cosa.  Ad esempio, quando conosco una persona (che mi interessa) mi chiedo: che vino è? E’ mia convinzione che nulla assomiglia più agli uomini del vino. Ci sono quelli di grande impatto che dopo poco si spengono, quelli più introversi ai quali devi dare tempo per mostrare la loro bellezza, gli esuberanti che mantengono le promesse e quelli su cui occorre investire perché senti che comunque qualcosa alla fine ti regalano. 
Sono capitato in questo magnifico mondo per caso, poco prima dei venticinque anni un sabato pomeriggio, con un amico a cui avevano regalato una bottiglia di vino. Non a caso un Pinot Nero. Ricordo come fosse ieri che, sentendo quei profumi nel calice, mi sono ritrovato di fronte ad alcune cose di cui non avevo conoscenza. Fino ad allora i miei unici vini erano: Lambrusco e Chianti nel fiasco, uno fermo e uno frizzante.  Fu una folgorazione, non ci capii molto ma fu una scoperta entusiasmante. Quella esperienza mi aprì un mondo nuovo. Cominciai ad avere la curiosità di provare altre bottiglie anche se non immaginavo assolutamente nemmeno la differenza che poteva esserci tra un Aglianico e un Nebbiolo. Il mio avvicinamento al vino in età così giovanile (quando non c’era la speculazione di oggi e le bottiglie dei grandi vini pregiato erano fruibili anche in diverse annate) mi ha permesso di fare una tale esperienza di crescita e conoscenza che oggi sarebbe impensabile realizzare. Ormai molte di queste bottiglie (Lafite, Romanèe-Conti, Conterno, Soldera) hanno prezzi proibitivi e sono spesso solo per facoltosi e benestanti. 


“Nella comunicazione la cosa più importante è ascoltare ciò che non viene detto.” (P.F. Drucker) 
Con il vino hai un rapporto empatico traducendo ogni assaggio tutto in interpretazioni e sentimenti. Cosa pensi quando ti accosti al calice? Sei in disaccordo con il mondo delle associazioni del vino. Perché credi che si possa fare a meno della didattica? Cosa consiglieresti a chi si avvicina al vino per la prima volta? 
A questa domanda rispondo così: non sono in disaccordo con le associazioni del vino, ne riconosco l’importanza e la capacità formativa. Io stesso, dopo alcuni anni da autodidatta, ho sentito la necessità frequentare corsi per approfondire alcune tematiche e argomenti che da solo non avrei mai potuto imparare. Ma anche se la didattica è importante io, alla fine del mio percorso formativo, ho sentito che quella non era la mia unica dimensione e così ho preferito approfondire la mia conoscenza sul campo. Ad oggi ho un rapporto speciale con i vignaioli e la loro terra. Assaggiare poi il loro vino in cantina mi permette di avere un rapporto empatico con la materia (scevro da impostazioni scolastiche). Valutazioni, grafici e schemi e punteggi sono ben diversi che ascoltare storie di vita contadina, di tradizioni e ricette familiari per allevare la vite e preservare le tradizioni dei luoghi e del proprio lavoro. 
Bevo per viaggiare, sognare e ricordare. Questo intreccio di sensazioni mi porta spesso a scrivere di vino. Non è l’amarena o la ciliegia o il pepe e la noce moscata che mi stravolge ma piuttosto la capacità del vino di farmi immaginare il luogo in cui nasce o capire il pensiero che ci sta dietro e dentro. 
Per questo sono da sempre contrario a dare punteggi ai vini perché come dice il professor Keating ai suoi studenti nel film L’attimo fuggente: le emozioni non si possono rinchiudere in nessuno schema. Inoltre per quel che mi riguarda cerco di evitare le manifestazioni in cui si assaggiano cinquanta o cento vini in un giorno perché personalmente con il vino ho bisogno di creare un legame profondo cosa che non si può fare nel breve tempo degli assaggi veloci. Dunque davanti ad un calice mettetevi nelle condizioni di potervi sempre stupire perché è il più grande regalo che potete farvi.  
Tornando alla domanda: a chiunque volesse avvicinarsi a questo singolare mondo del vino consiglierei prima di tutto di studiare almeno le basi di enologia ed enografia e poi di viaggiare e degustare ma mai rimanere imprigionati dagli schemi e dalla didattica. Negli assaggi come nella vita dimenticare è una cosa necessaria.  


“Il vino, specialmente in Italia, è la poesia della terra.” (Mario Soldati) 
Segno di un profondo cambiamento culturale ed economico è la proposta di legge: il vino sui banchi di scuola visto come parte della civiltà mediterranea che può dare lavoro ai giovani. Valutato come la porta più immediata al territorio e prima esperienza attraverso la quale il viaggiatore cerca un contatto con la cultura e le tradizioni del luogo, il legislatore lo inserisce nei programmi scolastici. È la svolta che gli addetti ai lavori inseguivano? 
Il vino è cultura e la cultura è patrimonio di tutti. Questa proposta la condivido appieno perché il vino, specie nel nostro paese, è storia (antica, medievale e contemporanea), geografia, scienze naturali, storia dell’arte, chimica, bioetica, filosofia, sociologia etc.  Non esiste posto in Italia dove il vino non è vita e risorsa. Inserirlo tra le materie scolastiche da studiare è quasi doveroso. A parte le opportunità di lavoro (che sono innumerevoli) è la nostra ricchezza nazionale, il nostro bagaglio culturale da cui non si prescinde. Il turismo, una grande risorsa, mette in stretta relazione il viaggiatore con il territorio. Cibo e vino sono dunque canali di informazione di cultura e di tradizioni del nostro paese. Conoscere il vino, il vitigno del luogo, il suo sistema di allevamento, il metodo di produzione è studio del territorio e quindi esperienza culturale e di conoscenza di tutti coloro che visitano il nostro bel paese. E ricordo anche che nelle Langhe molto prima che queste raggiungessero una fama mondiale il vino e l’uva potevano essere utilizzati anche come moneta per pagare la dogana.



“Le persone non fanno i viaggi, sono i viaggi che fanno le persone.” (John Steinbeck) 
I tuoi numerosi viaggi annoverano la Francia tra tue preferenze. Ci spieghi come ha contribuito la Borgogna alla tua formazione? Qual è la differenza tra il lavoro dei vignaioli francesi e quello degli italiani? 
La mia prima volta in Borgogna fu nel 2002. È inutile dire: amore a prima vista (in quegli anni era più facile essere ricevuti nei Domaines mentre oggi la richiesta è superiore alla capacità di accoglienza)
A mio avviso la più grande differenza che c’è tra l’Italia e la Francia più che in termini qualitativi è in termini di storicità (la Francia ha le sue denominazioni nate e consolidate molto prima delle nostre). Sappiamo inoltre che sono più bravi di noi a fare sistema e in più le aziende il territorio, la ristorazione e la ricezione sono più organizzate delle nostre ma è un gap che con il passare degli anni diminuirà e noi saremo in grado di essere competitivi al cento per cento. 
La Borgogna ha contribuito in modo fondamentale alla mia personale formazione enologica e anche a quella emotiva che accompagna le degustazioni del vino. Quando sono a Beaune vivo in uno stato di indefinito piacere nel quale mi sento in vacanza e a casa nello stesso momento. Ho un feeling speciale con questa terra che ancora oggi non smette di regalarmi esperienze da ricordare e raccontare. L’incontro più singolare di questi miei viaggi in Borgogna è capitato al Domaine Leroy. La stessa Madame Leroy in persona mi invitò ad una degustazione completa dei due Domaine Leroy e d’Auvenay, a casa sua, ad un pranzo con portate in abbinamento ai suoi vini. Questo evento rimarrà per sempre la mia più alta esperienza gustativa ed emotiva e l'annovero tra le indimenticabili degustazioni della vita. Dopo quella giornata, che ha visto nascere una grande simpatia personale tra me e Madame Leroy, non ha più mancato di riservarmi altri inviti di cui sono fiero e grato.



“La vera amicizia consiste nel poter rivelare all’altro la verità del cuore.” (Papa Francesco) 
Come ti descriverebbero i tuoi amici? 
Che domandona! Prima di tutto mi ritengo un uomo fortunato perché ho tanti veri grandi amici su cui contare per qualsiasi cosa. Nella descrizione sono certo partirebbero dai miei difetti: rompiscatole, ansioso, irrequieto, accentratore e con la mania del controllo su tutto. Ma poi aggiungerebbero: generoso e sincero, coordinatore e organizzatore di eventi importanti, simpatico e soprattutto sempre presente. Il mio motto per l’amicizia è: cerca persone eccezionali e ti accadranno cose eccezionali.  



“Chi rinuncia ai propri sogni è destinato a morire.” (Jim Morrison) 
A cosa non potresti mai rinunciare? 
Questa è facile: alla bellezza. La cerco in modo ossessivo nei paesaggi, nelle persone, nei vini e in tutti i momenti della mia vita. La ricerca della bellezza è il motore che mi spinge sempre in luoghi e situazioni nuove e senza questa continua indagine probabilmente non sarei ciò che sono. 



“Una bottiglia di vino contiene più filosofia che tutti i libri del mondo.” (Louis Pasteur) 
 Qual è la bottiglia con dentro tutta la tua filosofia di vita?
Le bottiglie con dentro tutta la mia filosofia di vita non hanno una etichetta. Il miglior calice è quello che fa strada nei miei sentimenti. Spesso dico che sono il sommelier degli stati d’animo. Lo Champagne ad esempio è un vino perfetto per un appuntamento: mette allegria, accompagna un piacevole dopocena, è il vino perfetto per l’amore o per quelle serate in cui azzero la mente rilassandomi. Il Nebbiolo con il suo carattere caldo, forte ed avvolgente è il vino che più di tutti mi ricorda l’amicizia tanto è vero che il mio amico speciale (il mio cane) l’ho chiamato Barolo. Il Bourgogne è il vino perfetto per fare conoscenza. Mi regala un senso di libertà rendendo tutto più facile sia l’ascolto che il dialogo perché le sue infinite sfumature e le sue infinite evoluzioni mi offrono spunti per raccontare e sognare.  Il Lambrusco (il mio vino del cuore) è quello in assoluto per fare festa, ideale per un pomeriggio in fuga da tutto o per una cena con gli amici condita da risate a crepapelle. Le sue bollicine mi regalano danno leggerezza e buon umore. Non potrei mai farne a meno.  Il Bordeaux è il vino perfetto per progettare il futuro e per analizzare il presente. Per il suo lento incedere e le pause che necessitano per degustarlo è il vino unico per trasformare una sera in una notte magica. Il Sangiovese da parte sua è il vino che culla le mie malinconie e con cui mi piace accompagnare ricordi, persone e circostanze che meritano di riaffiorare alla coscienza con questa degna conclusione. Eccola tutta qui la mia filosofia sulla vita e sul vino. 



“Chi teme che tutto gli possa capitare vive come se tutto gli fosse capitato.” (Roberto Gervaso) 
Qual è la cosa migliore che ti potrebbe capitare ora? 
A parte ricevere una telefonata del notaio Morales dall’Argentina che mi dice che uno zio, che non sapevo di avere, purtroppo è scomparso all’età di 104 anni lasciandomi tutto il suo milionario patrimonio, credo che la cosa migliore che mi potrebbe capitare è non sapere nulla di ciò che mi accadrà.


Non tutti sanno che…
A differenza di quello che la mia esuberanza può far sembrare, sono una persona timida e molto riservata. E solo chi ha condiviso o chi condivide un pezzo della mia strada lo sa molto bene.     






Wine Writers: Marco Sciarrini, la ricetta del successo è il coraggio della sincerità



Chi sono i più famosi wine writers italiani? Le penne più intriganti, appassionate, raffinate, rivoluzionarie o irriverenti si raccontano in una serie di interviste che svelano curiosità e aneddoti di vita quotidiana. 



Marco Sciarrini è un writer enogastronomico, con una laurea in Management Pubbico e-Government, ed una vita spesa per l’impegno pubblico che lo ha portato a rivestire ruoli importanti per il settore agricolo nell’Amministrazione Pubblica. Scrive per Cronache di Gusto e collabora anche altre testate come Vinodabere.it, Gazzetta del Gusto, Cucina & Vini. Collabora con Guide di settore. È Sommelier, ed è anche Giudice Internazionale per i concorsi: Concours Mondial de Bruxelles e Grenaches Du Monde. Degustatore dell’unica guida Mondiale degli oli Flos Olei dedicata al mondo dell’extravergine e curata da Marco Oreggia. 



“La cosa più importante nella vita è scegliere una direzione, e dimenticare le altre.” (K. Gandhi)
Destinazione: mondo del vino. Quando hai capito che la tua direzione era questa? Come sei approdato a questo singolare lavoro? 
È stato quasi una conseguenza, infatti mi sono sempre occupato di vino per lavoro (anche se da un altro punto di vista: nell’Amministrazione Pubblica) dirigendo uffici con competenze sulla Internazionalizzazione dei Mercati OCM Vino e Prodotti Agroalimentari. In seguito l’amicizia con Fabrizio Carrera ha fatto il resto. 


“Chi ha fretta di giudicare se ne pentirà presto.” (Publilio Siro) 
Una vita da giurato: nelle tue esperienze annoveri spesso la tua partecipazioni a concorsi, selezioni e gare. Quali sono le competenze specifiche di un giurato nel mondo del vino. Lo studio della didattica è importante? Cosa ha il giurato serio e competente che gli altri esperti della materia non hanno? 
Direi che deve avere la neutralità del giudizio, andare oltre quelle che sono le proprie preferenze, giudicando in modo terzo ed obiettivo la qualità del prodotto e la sua tipicità. Di sicuro la conoscenza della didattica aiuta a sviluppare in modo professionale il giudizio che si è chiamati ad esprimere, in particolare nei concorsi internazionali. Molto importante, anche per la crescita professionale, il confronto con colleghi stranieri che aiuta ad avere una visione più ampia. 


“Il vino, specialmente in Italia, è la poesia della terra.” (Mario Soldati) 
Siamo conosciuti come un paese di grandi vini rossi ma rivendichiamo sempre più con orgoglio una Italia del vino bianchista. Grandi e tantissimi sono i nostri vini bianchi fermi (e spumanti). Con la tua esperienza di comunicatore della materia e singolare globe-trotter cosa ne pensi in merito? Questa tipologia di vino ha bisogno di riscatto più che i nostri rosati? 
In effetti i rossi hanno maggior lustro rispetto ai bianchi, ma devo constatare che anche i bianchi stanno avendo una loro rivincita. Personalmente ho una grande passione per quelli invecchiati, e credo che la cultura dei bianchi in Italia debba essere rivista, e meglio comunicata. Infatti molti, anzi direi moltissimi produttori ed anche consorzi, iniziano a valorizzare e comunicare come, anche i bianchi italiani, hanno una grande predisposizione alla longevità con qualche anno sulle spalle. Purtroppo dobbiamo osservare che a volte molte delle decisioni, di far affinare maggiormente in bottiglia e quindi ritardare la messa in commercio, vengono declinate dietro le continue richieste dei ristoratori. È pur vero che il vino deve essere venduto ma così nessuno potrà mai apprezzare le reali potenzialità di quel vino. Solo come esempio e non volendo far torto a nessuno citando etichette, pensiamo a qualche Verdicchio d’annata oppure qualche bianco dell’Alto Adige. Per i rosati abbiamo cominciato finalmente ad avere una produzione nazionale di una certa qualità e soprattutto di identità. Per quanto riguarda il vino rosato fino a poco tempo fa erano pochi i produttori che potevano competere sul mercato internazionale, ora l’asticella si è alzata. 



“Il vino è uno dei maggiori segni di civiltà nel mondo.” (Ernest Hemingway) 
Produzione vinicola italiana: quale futuro ci aspetta e quali sono le difficoltà da superare tenendo conto della crisi energetica, conflitti mondiali, carenza di vetro e le diposizioni dell’OMS sui danni dell’alcol per la nostra salute. Ci sono attualmente zone di produzione che hanno la capacità di superare questi gap e di emergere? 
La situazione attuale, come tu ricordavi nella domanda, ha creato un combinato disposto (cit.) per il quale il produttore, oltre ad avere un problema di approvvigionamenti (che incide anche sul prezzo) si vede oltremodo attaccato dalle indicazioni dell’Oms sul vino, per non parlare dell’etichettatura dell’Irlanda (sulla segnalazione dei rischi per la salute). Tutto questo crea una minore domanda e quella esistente vira verso un vino non sempre di qualità. Questa contingenza ci ha colto un po’ di sorpresa e sarà necessario, in caso del prolungamento della situazione bellica, trovare alternative economiche di rifornimenti in giro per il mondo. Il superamento di questo gap potrebbe passare attraverso la sostenibilità che dovrebbe diventare il nuovo motore economico delle aziende produttrici. Ripongo molte speranze sui giovani e sul loro ruolo nell’ambito della sperimentazione e delle nuove tecnologie al servizio della viticoltura.


“Se esistesse una sola verità non si dipingerebbero cento tele diverse sullo stesso tema.” (Pablo Picasso) 
Quale è la tua verità sul giornalismo del vino? E’ vero che non esiste? Come si può migliorare questa comunicazione e come si può essere più trasparenti e obbiettivi possibili? 
Prendo in prestito il titolo di un libro dello scrittore russo Peter Pomerantsev: Niente è vero, tutto è possibile. Il giornalismo del vino, così come quello generale, può migliorare solo attraverso la verità e l’onestà intellettuale, avevo (avevamo) un amico in comune che in questa categoria era un Maestro. A volte capita di dare giudizi su vini che sono poco digeribili al produttore, non capendo che quello che si sta fornendo è un consiglio per migliorare. Ecco a volte manca il coraggio della sincerità. 


“La vita non è quella che si è vissuta, ma quella che si ricorda e come la si ricorda per raccontarla.” (Gabriel Garcia Marquez) 
Qual è stato ad oggi il tuo giorno migliore? 
Il mio giorno migliore spero sia domani, ma se devo pensare a qualcosa di personale e passato è la nascita dei miei due figli. I miei giorni migliori sono tutti quelli che ti ricordano che la vita è bella e che va vissuta intensamente, tradotta in modo enoico: le belle bevute con gli amici.  


“C’è chi viaggia per perdersi, c’è chi viaggia per trovarsi.” (G. Bufalino) 
La tua vita è un continuo viaggio nel mondo del vino alla scoperta di novità e nuove esperienze. C’è viaggio in particolare che ti ha cambiato in modo significativo? 
Sicuramente i miei soggiorni in Francia a contatto con una realtà che, a differenza dell’Italia, è meno autoreferenziale. Tutti sappiamo che abbiamo un gap temporale di conoscenza e commerciale del vino che non si può colmare in poco tempo. Molto del mio sapere deriva da lì. 


“Una bottiglia di vino contiene più filosofia che tutti i libri del mondo.” (Louis Pasteur) 
Qual è la bottiglia con dentro tutta la tua filosofia di vita? 
Non ce ne è una in particolare, ma se devo scegliere cito più che la bottiglia due vitigni: Schiava e Barbera. Qualcuno potrebbe obiettare: ma con tutte le eccellenze italiane conosciute nel mondo (Barolo, Amarone, Brunello) come mai queste? Queste sono due bottiglie che esprimono l’essenza della viticoltura italiana per sincerità del vitigno. Due espressioni di territorio diverse, ma vicine a quelle realtà contadine che rappresentano il quotidiano, e che più stimolano in me riflessioni che vanno oltre la degustazione. 


“Il futuro appartiene a coloro che credono nella bellezza dei propri sogni.” (E. Roosevlet)
Ho avuto il piacere di conoscerti in numerosi eventi e concorsi scoprendo un gentiluomo e un professionista con una capacità critica e obbiettiva fuori del comune. Hai ancora sogni da realizzare? Cosa vedi nel tuo futuro? 
Intanto vorrei ringraziarti per aver pensato a me per questa intervista e delle belle parole che sempre fanno piacere in particolare se vengono da qualcuno che stimo. Ho qualche sogno da realizzare, uno di questi tra non molto, ma che vorrei tenere ancora celato non fosse altro che per scaramanzia. Ma spero di svelarlo quanto prima. 
Il futuro è molto legato all’argomento che in viticoltura è molto discusso, ed è il cambiamento climatico. Sarà necessario rivedere molte delle certezze che fino ad oggi hanno accompagnato i comportamenti in vigna ed in cantina, con una grande attenzione alla sostenibilità. 


Non tutti sanno che… 
Sono un appassionato di calcio ed anche giocato a buoni livelli, ma non dirò mai per quale squadra tifo, neanche sotto tortura, nel mondo del vino avvelenarti è un attimo!









Vino e Innovazione Tecnologica

La tecnologia non tiene lontano l'uomo dai grandi problemi della natura, ma lo costringe a studiarli più approfonditamente. (A. de Saint...